Queen Live Aid 1985: quei 20 minuti che sconvolsero la storia del rock
Queen Live Aid 1985: quei 20 minuti che sconvolsero la storia del rock

Queen Live Aid 1985: quei 20 minuti che sconvolsero la storia del rock

Queen Live Aid 1985: vi dicono niente queste 4 parole? 34 anni ma sembra un soffio, soprattutto da quando l’indomabile calore della voce di Freddie Mercury si è spento. Il racconto di quella sera è ancora negli occhi (e nelle orecchie) di tutti quelli che c’erano. Ed ecco come andò.

Queen Live Aid 1985: un mito che si tramanda
Queen Live Aid 1985: un mito che si tramanda

Queen Live Aid 1985 è conosciuta come una delle più grandi performance rock nella storia della musica. Da allora sono trascorsi 34 anni, e il mito si tramanda ancora. Chi c’era lo sa: quel 13 luglio 1985 sul palco del Live Aid andò in scena la Musica Stessa.

Nel maggio del 1985, il promoter Harvey Goldsmith invitò i Queen a partecipare al Live Aid – The Global Jukebox, un colossale concerto rock previsto per il luglio di quell’anno, tra il Wembley Stadium di Londra e il John F. Kennedy Stadium di Philadelphia e trasmesso interamente in diretta in mondovisione.

L’evento era organizzato da Bob Geldof e Midge Ure. La loro idea era quella di convogliare su un unico palco le rockstar più famose del pianeta, per raccogliere fondi per la lotta alla carestia in Etiopia in cui insisteva una guerra disumana.

A quella prima chiamata i Queen non risposero, non troppo convinti della fattibilità della proposta. Fu Geldof a insistere, convinto che la presenza dei Queen fosse fondamentale per rendere la grandezza del progetto che stava realizzando. E alla fine, la band accettò.

La macchina organizzativa di Jim Beach, manager del gruppo, si mise in moto: la prima decisione da prendere era quella relativa all’orario in cui i Queen avrebbero dovuto esibirsi. Strategicamente, l’esibizione venne fissata intorno alle 6 del pomeriggio. In questo modo, grazia alla differenza di fuso orario, la band sarebbe stata la prima ad essere trasmessa in diretta televisiva anche al pubblico americano.

Queen Live Aid 1985: il Sold Out!
Queen Live Aid 1985: il Sold Out!

Prepararsi allo show: istantanee dalle prove

Tutti gli artisti che sarebbero saliti sul palco, avrebbero avuto a disposizione 20 minuti per la propria esibizione. Un lasso di tempo davvero risicato in cui i margini di errore dovevano essere tenuti sotto controllo stretto e praticamente neutralizzati. Per prima cosa, dunque, la band compose una scaletta ideale. La pignoleria e la precisione di Freddie Mercury e Brian May la fecero da padrone. Per le prove, i Queen affittarono lo Shaw Theatre di King’s Cross, a Londra. Lì si rintanarono per un calendario di prove serratissimo, a ritmi pazzeschi. Dal momento che non sarebbe stato possibile eseguire un sound check sul palco prima dello show, la band reclutò diversi membri dello proprio staff per prendersi cura del suono nella maniera migliore possibile. Suoni monitor, luci: tutto fu affidato ai migliori professionisti e alle migliori apparecchiature per costruire un’esibizione perfetta.

In sala prove, la scaletta venne rodata alla perfezione, i tempi erano fondamentali. Anche le emozioni, a volte, vanno scalettate e rodate!

ll palco del Live Aid, non un palco qualsiasi

Il 13 luglio 1985 lo stadio di Wembley era stracolmo: in 72.000 erano accorsi per assistere al concerto dell’anno (e forse del decennio). Roger Taylor e Brian May presenziarono alla cerimonia di apertura, con loro c’erano anche David Bowie e Crystal Taylor (assistente di Roger). Erano seduti nella tribuna d’onore accanto al principe Carlo e alla principessa Diana.

Alle 12 in punto, gli Status Quo aprirono lo show.

John Deacon e Freddie Mercury giunsero allo stadio nelle ore successive. Freddie partì dal suo appartamento londinese nel primo pomeriggio, insieme ai suoi assistenti. Nel backstage erano state allestite

roulotte-camerino per ciascun componente del gruppo. E proprio nel backstage si respirava un’aria elettrizzata, dato l’andirivieni di rockstar che lo affollavano.

Qualcuno racconta che Phil Collins si avvicinò a Freddie Mercury e gli chiese un autografo per i figli. Il cantante sorrise e firmò.

I tempi di quello che accadeva sul palco erano serratissimi, in quella giornata all’insegna del groove. Intorno alla metà del pomeriggio, i Queen vennero chiamati a prepararsi. Freddie avrebbe cantato indossando gli abiti con cui era uscito di casa: jeans e cannottiera bianca, con un bracciale-amuleto borchiato al braccio destro e una cintura borchiata. Un look semplice, ma dal forte carattere evocativo che sottolineava la tonicità del suo fisico asciutto e scattante e il modo ipnotizzante che aveva di muoversi sulla scena.

La squadra tecnica resse una responsabilità immane, disponendo in velocità gli strumenti in backline. Il palco girevole era suddiviso in 3 spicchi equivalenti, per rispondere a una specifica esigenza: mentre su uno spicchio lo staff di un artista preparava la strumentazione per l’esibizione successiva, sull’altro i tecnici smontavano il backline di chi aveva appena terminato la performance.Sul terzo spicchio, infine, si esibiva l’artista in programma.

C’era anche una sorta di semaforo che serviva agli artisti sul palco a cronometrare la propria esibizione ed evitare di sforare. Era posizionato davanti alla parte centrale di questa incredibile giostra da concerto e aveva un codice ben preciso: quando si accendeva il faro verde mancavano 5 minuti alla fine dell’esibizione, al giallo 2 minuti, al rosso il tempo era scaduto.

Queen Live Aid 1985: 20 minuti per entrare nella storia

Alle 18.41 in punto, i presentatori Mel Smith e Griff Rhys annunciarono l’ingresso di “Her Majesty Queen!”. Il boato del pubblico fece esplodere lo stadio, ma i brividi erano appena all’inizio. Freddie entrò saltellando nei suoi jeans chiari, fece un rapido giro del palco per riscaldare il pubblico e si sedette al pianoforte. Le prime note furono inconfondibili: Bohemian Rhapsody riempì l’aria, in 72.000 quella sera stavano cantando live la ballata più famosa del gruppo britannico insieme al suo frontman.

Come una vertigine, Radio Ga Ga fu un brivido che attraversò tutti quelli che, in presenza o dalle proprie case, stavano seguendo i Queen nella loro cavalcata trionfale. Impossibile non battere le mani, impossibile non rimanere incantati dai movimenti musicali di Freddie Mercury. Il ritornello del pezzo fu la consacrazione dei Queen a miti del rock: persino dalla Luna avrebbero cantato “all we hear is Radio Ga Ga” quella sera!

E quando appena prima di Hammer To Fall, Freddie chiamò il pubblico a rispondergli in coro, fu chiaro a tutti che l’istrionico frontman non stava suonando il proprio strumento vocale, ma il pubblico stesso. Il balletto tra Freddie e il cameraman, l’incredibile sinergia tra il basso di Deacon, la chitarra di May e la batteria di Taylor su Crazy Little Thing Called Love e infine lo scoppio di We Will Rock You e We Are The Campions consegnarono definitivamente quei 20 minuti alla storia.

Ma intanto cos’era successo dietro le quinte? Il fonico Trip Khalaf aveva disattivato i limitatori del sound system, così l’esecuzione dei brani risultò la più rumorosa di tutte. Il roadie Peter Hince, invece, aveva posizionato enormi orologi bianchi qua e là sul palco, in modo che la band avesse potuto cronometrate la propria esibizione.

“Voi bastardi! Avete rubato la scena a tutti!”

Quando i 20 minuti suonarono, il pubblico del Wembley Stadium non era più lo stesso, ebbro di magia come lo avevano lasciato i Queen. Freddie lasciò il palcoscenico e  corse nel backstage. Si racconta che le sue prime parole furono “Grazie a Dio è finita”. Questo ci aiuta a farci un’idea dell’intensità assoluta del set.

Elton John gli si fece incontro e gli disse ironico: “Voi, bastardi! Avete rubato la scena a tutti”. Per il resto dello spettacolo, i Queen rimasero nel backstage insieme agli altri ospiti a seguire quello che succedeva sul palco.

Freddie Mercury evitò il party del dopo-show, rientrò a casa per festeggiare e godersi in TV il finale americano dello straordinario concerto al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia.

Oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo seguì il concerto. E proprio tutti, inclusi giornalisti e critica, concordarono nell’assegnare ai Queen il titolo di mattatori di giornata.

“Il più grande gruppo rock del pianeta”, disse di loro Bob Geldof. La verità era che quello del Live Aid era il palco perfetto proprio per la personalità artistica e umana di Freddie Mercury, capace di travolgere il pubblico in una vertigine di suoni d’estasi e show estemporanei unici. Un contributo decisivo che fece del Queen Live Aid 1985 la performance migliore di tutti i tempi.

D’altra parte, non vi sono venuti i brividi durante l’esibizione ricreata per Bohemian Rhapsody al cinema?

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