
Improvvisazioni di Chopin e l’anima tormentata del pianoforte
Improvvisazioni di Chopin significa arte allo stato puro. Ma significa anche studio, ingegno, stupore e un viaggio al cuore di un autore che fa innamorare chiunque si avvicini al pianoforte.
Improvvisazioni di Chopin: chi non ha mai sentito parlare di questa forma di musica dirompente che rapisce i sensi? Chiunque si avvicini al pianoforte prima o poi fa i conti con Chopin e la sua vita votata ai tasti bianchi e neri. Per cui, che tu sia un pianista alle prime armi o che tu sia un musicista navigato che ha già grande dimestichezza con i tasti, questa storia la devi conoscere.

Le Improvvisazioni, stralci di vita
Ti sei mai chiesto perché la musica classica sia considerata un tipo di musica colta, a volte addirittura noiosa e con zero appeal? Cos’è che la rende così lontana da gusti e dagli ascolti abituali? Ben lontani dal voler generalizzare, abbiamo invece intenzione di porre l’accento sul fatto che la musica classica rappresenta veri e propri stralci di vita. Basti pensare alle opere di Mozart e al loro impatto sulla società dell’epoca e a venire. Non per nulla, Mozart è considerato la prima vera grande rock star della storia: un musicista che si sgancia delle logiche del potere, che non resta al soldo di nessuno ma che vuole essere fedele solo alla propria arte per seguirne i bisogni e i richiami. Ci ricorda personaggi familiari e dalla grande storia, come Frank Zappa o Bob Dylan.
Le Improvvisazioni di Chopin ci restituiscono questa atmosfera, magari poco rock ma fortemente legata a momenti di vita vera. Per cui suonare diventa flagellare i tasti con una tempesta di note poetiche e indimenticabili.
E dunque, che tu sia un pianista in erba o un habituée della tastiera, se vuoi imparare qualcosa sull’arte di vivere da musicista, puoi cominciare da qui.
Dallo Studio Op.10 n. 12 di Chopin, un classico che stupisce ad ogni ascolto.
Il Rivoluzionario
È chiamato Revolutionary e figura tra le improvvisazioni di Chopin perché la leggenda narra che nacque come tale. In realtà, può essere considerato uno studio tra i più significativi. La sua particolarità non sta tanto nella difficoltà tecnica che presenta o per la sua bellezza, dal momento che ci sono studi più difficili e altrettanto belli, ma piuttosto per la sua storia.
Lo studio n.12 fu denominato da Listz “Rivoluzionario”, “Lo studio della Rivoluzione” o ancora “La caduta di Varsavia, venne composto nel 1831, dopo il tragico fallimento dell’insurrezione polacca contro la Russia. La storia, raccontata da Karasowski, narra che questo studio nacque come improvvisazione che Chopin scrisse a Stoccarda, nel momento in cui ebbe la notizia che i russi avevano occupato Varsavia.
In realtà, il titolo non si sposa col carattere del brano perché di rivoluzionario ha poco o nulla. Lo Studio Op.10 n.1, ad esempio, è ben più notevole da questo punto di vista, con i suoi arpeggi di grande estensione per un periodo di tempo così prolungato.
Ma ciò che rende unico il Rivoluzionario è la sua capacità di esprimere una enorme gamma di sentimenti, autentici e intensi, tutti provenienti dalla forte vita interiore dell’autore. Non è un caso che nel brano si percepiscano chiaramente intensi passaggi dalla passione alla disperazione, dalla speranza alla resurrezione.
Una tempesta sui tasti
Improvvisazione, si diceva. La leggenda racconta che questo brano fosse frutto di un’improvvisazione e, come spesso accade con le improvvisazioni, riunisce un insieme di conoscenze personali e suggestioni da brani conosciuti. Può darsi, ad esempio, che contenga una eco beethoveniana. Chopin utilizza infatti la tonalità preferita da Beethoven e in altre parte del brano richiama temi e modi del compositore tedesco.
La cellula tematica è composta da poche note che racchiudono una drammaticità intensa. La prosecuzione è un perfetto racconto in musica che fonde drammaticità del momento a guizzi tecnici.
Eseguire Il Rivoluzionario
Il brano costituisce sicuramente un allenamento per la mano sinistra, anche se non racchiude un virtuosismo particolare se non nelle battute 15, 16, 55, 56, dove è necessaria una notevole agilità di polso. Per la sinistra è richiesto quindi un grado di agilità medio-alto, mentre per la destra un buon polso.
La mano sinistra, infatti, è chiamata a un impetuoso scorrere, per creare un ambiente sonoro di forte pathos e drammaticità. Su questo violento incedere della mano sinistra, si inseriscono incisivi motti melodici della mano destra. L’accompagnamento della mano sinistra, nel suo costante moto, ascendente e discendente, è omogeneo in tutto il brano e lo rende irresistibile.

Dalle Improvvisazioni di Chopin agli studi ai virtuosismi: storia di un finale tormentato
La composizione non filò via liscia fino alla fine, ma Chopin si chiese a lungo come poter chiudere un brano da una così forte e inusitata spinta cinetica. Escluse l’escamotage della tradizionale coda trionfalistica e diede retta al suo straordinario sesto senso. Ed ecco che in chiusura arriva una verticale caduta verso il basso che scarica tutta l’energia accumulata nel corso del pezzo. Poi il discorso melodico si frantuma e sfocia in un lancinante unisono a due mani. Ma non è ancora finita, perché la conclusione si incardina sulla risoluzione su quattro poderosi accordi nel registro più basso.
Chopin celebra così il funerale della Rivolta di Novembre che ebbe inizio a Varsavia il 29 novembre 1830 e a cui l’autore non fu in grado di partecipare a causa delle sue condizioni di salute.
«Tutto questo mi ha causato molto dolore. Chi avrebbe potuto prevederlo!», disse il musicista fondendo il pathos per la sua opera e quello per l’evento storico.
In ultimo, questo brano racchiude ancora in sé una storia nascosta e malinconica: fu l’ultimo brano trasmesso dalla radio polacca prima che venisse presa in consegna dalla Germania nazista.
Se stai per cominciare il tuo corso di pianoforte, lasciati sempre ispirare dalle più belle storie di musica.