
Bakivo è un trio di Bologna, composto da Sara D’Angelo, alla voce, Luca Cremonini, alla chitarra e Pedro Judkowkski al contrabbasso, che propone un pop raffinato, leggero e attualissimo, con solide radici nel jazz, nella bossa nova e nella tradizione cantautorale.
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RINGRAZIAMO I BAKIVO PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Com’è nato il nome della vostra band? Potreste raccontarci anche un po’ la storia della vostra band?
Suoniamo insieme da oltre 8 anni, e il nostro percorso si è evoluto attraverso alcuni step. Ci chiamavamo Four Seasons Trio e con quel nome nascemmo come band di semplice intrattenimento musicale jazzy, ma presto sentimmo l’esigenza di un salto di qualità proponendo canzoni inedite. Con il vecchio nome realizzammo un album autoprodotto, alcuni videoclip e ottenemmo i nostri primi riconoscimenti. L’idea di rinnovare la nostra proposta è maturata durante una residenza artistica alla quale abbiamo partecipato circa 2 anni fa superando le selezioni di un contest. Con il nuovo progetto abbiamo accantonato il mood decisamente retrò che ci aveva caratterizzato fino a quel periodo, e abbiamo ricercato un sound più attuale. In ultimo abbiamo scelto il nuovo nome, Bakivo, che nasce semplicemente dalle iniziali dei nostri rispettivi strumenti (basso, chitarra, voce) con la piccola licenza della “K” a posto della “C”.
2) C’è stato qualche episodio particolare che vi ha fatto sentire il bisogno di scrivere le vostre canzoni? Qual è stato il vostro percorso formativo e che cosa vi ha influenzato di più?
Il principale (per non dire unico) compositore è Luca, nonché autore di quasi tutti i testi. Sara è attualmente autrice di 2 brani. I nostri testi descrivono sentimenti, emozioni, attimi di vita, esperienze nelle quali tanti possono riconoscersi, e questo crea una connessione profonda tra noi e il nostro pubblico. Musicalmente riconosciamo le influenze del pop elegante dei Matia Bazar di Antonella Ruggero, di Pino Daniele, di Mina, ma anche della musica brasiliana. Singolarmente Pedro proviene da una formazione classica, Sara ha fatto scuole di musical e di teatro, Luca ha una formazione più jazzistica ed ama la canzone d’autore.
3) L’album d’esordio “Appunti di viaggio” è uscito il 18 aprile del 2023, potete parlarci di questo lavoro discografico? Com’è nata l’idea?
Con il progetto Bakivo ricercavamo un sound più pop e radiofonico, pur senza rinunciare alle nostre radici che attingono dal jazz, dalla bossa nova, dalla tradizione cantautoriale. L’incontro con Bonnot, il nostro produttore, è stato decisivo per aiutarci a realizzare le contaminazioni che cercavamo, avendo lui una provenienza dal mondo dell’hip hop e della musica elettronica. Alcuni brani li avevamo già testati dal vivo, altri erano del tutto nuovi. Le sedute di registrazione sono state l’occasione per rivedere l’arrangiamento di alcuni brani via via che il nostro sound andava definendosi. Tra le varie tracce c’era una notevole varietà di groove diversi, ma la vocalità di Sara contribuiva a dare una coerenza d’insieme. Abbiamo anche arricchito l’organico introducendo la batteria di Matteo Mammoliti e alcuni interventi elettronici di Bonnot.
4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del disco?
Il brano “La mia piccola Saudade”, che è poi diventato il primo singolo, è stato registrato a fine 2021, mentre le restanti tracce le abbiamo registrate nella primavera 2022. Il lavoro e il mixaggio e mastering è stato poi completato nell’autunno 2022. Prima dell’effettiva uscita abbiamo anche lanciato un crowdfundig per sostenere le spese di produzione e promozione dell’album, campagna che ha avuto una buona risposta da parte dei nostri fans.
5) Attualmente, è difficile pubblicare: un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
La pubblicazione in sé è fin troppo facile: oggi chiunque può pubblicare musica, autoproducendola in home-recording e diffondendola sulle piattaforme. In questo mare di proposte la difficoltà è piuttosto la visibilità, l’effettiva possibilità di raggiungere i canali distributivi capaci di intercettare il pubblico giusto. C’è davvero tanta offerta, non sempre di reale valore, e il mercato è ormai sovraccarico. Dal punto di vista della promozione il singolo è sicuramente il prodotto più facilmente spendibile, ma dal punto di vista del contenuto artistico crediamo fermamente che l’album rimanga il formato più rappresentativo di un progetto musicale di senso.
6) Come avete affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provate per l’attuale abbattimento delle restrizioni?
Come musicisti l’emergenza pandemica ha ovviamente comportato la sospensione delle nostre esibizioni live, e l’abbattimento delle restrizioni è stato un sollievo, e la fine di un periodo professionalmente difficile. In quella fase ci siamo però dedicati alla creazione e arrangiamento di nuovi brani, ci siamo tenuti in contatto fra noi con frequenti video-chat, e abbiamo cercato di ravvivare l’interesse del pubblico mantenendo attive le nostre pagine social.
7) Quali sono i vostri pezzi che più vi rappresentano?
Dal punto di vista del testo sicuramente “Appunti di viaggio”, che è infatti la title track dell’album. E’ un testo davvero molto autobiografico, che descrive i sentimenti che ci animano ed anche il destino di tutti gli artisti. Da punto di vista del sound la scelta è più difficile, perchè la nostra musica è variegata così come lo sono i nostri mondi di riferimento. “Tormentami” è probabilmente il brano che ci diverte di più, perché è quello che si discosta maggiormente dal nostro mood originario, e rappresenta l’anima più pop del progetto Bakivo.
8) Quanto di personale c’è nelle vostre canzoni?
Seppur filtrati dagli occhi di chi le scrive, le canzoni raccolgono spesso accadimenti e sensibilità che appartengono un po’ a tutti e tre. L’amicizia che ci lega, ma anche la diversità che c’è tra noi, rappresenta un nostro punto di forza, e i nostri frequenti i momenti di condivisione e dialogo sono una fonte di ispirazione importante. Ad esempio nel testo de “La mia piccola saudade” Luca ha voluto descrivere stati d’animo che in realtà stava vivendo Sara in un preciso momento della sua vita. Alla fine poi ci siamo riconosciuti tutti in quel testo, che rappresentava un mondo interiore appartenente in qualche modo a tutti e tre.
9) Siete una band che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Luca: Scrivere belle canzoni è difficile, specialmente se i tuoi obiettivi estetici non sono banali. Certo, può capitare che una canzone esca di getto, ma più spesso il processo creativo è laborioso e impegnativo. Per trovare la parola giusta in un testo possono occorrere settimane, a volte addirittura mesi. Il testo è spesso quello più impegnativo, specialmente quando vuoi dare parola ad una melodia già esistente. La composizione è poi un’attività totalizzante: quando hai in mente un’idea, una bozza che vuoi concludere, questo pensiero ti accompagna insistentemente, spesso ti assilla durante tutta la tua giornata. Non si tratta tanto di “creare”, ma piuttosto di “cercare”: quella frase, quella nota, quel passaggio melodico che manca non lo inventi tu, ma da qualche parte esiste già, da sempre, e tu lo devi solo trovare.
10) Da dove traete ispirazione? Avete qualche tipo di rituale prima di iniziare a lavorare?
Sara: Di solito iniziamo i nostri incontri davanti ad un caffè o una tisana, raccontandoci della nostra settimana e di come ci sentiamo. Non so se si possa proprio dire un rituale, ma sicuramente è una sorta di tacita abitudine che è nata un po’ da sola, nel tempo. E trovo sia un buon modo di iniziare il lavoro. Quasi sempre arriviamo di corsa, tra i mille impegni quotidiani, stanchi. Purtroppo la creatività ha bisogno di un tempo molto più dilatato e lento di quello che la società in cui viviamo ci costringe a seguire. E prenderci un attimo per noi ci aiuta forse a dimenticare più facilmente per qualche ora tutto il resto, per potere lavorare meglio.
11) Come reagite quando avete un blocco creativo?
Luca: L’ispirazione non arriva magicamente, col tempo si affinano delle strategie personali per stimolarla. Ad esempio cambiando routine, andando a fare un giro in un bosco, cercando di osservare cose nuove e diverse, cercando di prestare attenzione al tuo mondo interiore e alle cose che ti accadono intorno. Dal punto di vista compositivo, se hai un’idea musicale che è solo un abbozzo e che non riesci a sviluppare, allora cambia tonalità oppure cambia strumento (se ne sai usare un altro). Sicuramente per creare qualcosa di artistico è necessario che la tua vita sia piena di qualcosa, è necessario nutrire l’anima e non inaridirsi.
12) Cosa significano per voi improvvisazione e composizione? E quali sono per voi i loro rispettivi meriti?
Improvvisazione e composizione sono due facce della creatività. Da una parte l’atto estemporaneo, il momento unico, irripetibile, non replicabile, dall’altra il processo creativo intenzionale e ponderato, finalizzato ad un risultato estetico definitivo e durevole, ottenuto per successive correzioni, migliorie, elaborazioni. Entrambi questi mondi hanno una loro forza, e possono coesistere in un progetto artistico. Nel nostro progetto sono ovviamente presenti entrambi. L’improvvisazione non è solamente quella presente in un assolo di tipo jazzistico, ma anche nell’interplay tra i musicisti, nel feeling più o meno presente durante un live o una seduta di registrazione, nell’interazione col pubblico.
13) Che attrezzatura o software usate per comporre la vostra musica?
Luca: Carta e penna, e quasi sempre lo strumento, nient’altro.
14) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensate che la musica si sia aperta al mondo?
La contaminazione è ricchezza, è apertura mentale, è integrazione non solo di generi, ma di culture, e noi lo abbiamo sperimentato in prima persona. Siamo infatti già al nostro interno una piccola contaminazione, integrando le nostre diversità in quanto a provenienza, sensibilità artistica, culture e generazioni di riferimento. Sara è siciliana, Pedro argentino, Luca bolognese, e tra noi c’è una forbice di età di 20 anni. Oltre a ciò, come già detto, abbiamo scelto la produzione di Bonnot, che viene da una militanza nel mondo del rap e dell’hip-hop. Con questi presupposti non poteva che nascere un album multicolore. Se poi la tua domanda faceva riferimento alle varie forme di word- music, è ormai da alcuni decenni che la musica si è accorta di come le culture siano una fonte immensa di materiale creativo da cui attingere.
15) Come giudicate l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?
Sara: È un tema davvero controverso, se ne potrebbe parlare per un giorno intero. Cercherò di essere più sintetica che posso. Direi che la tecnologia ha i suoi pro e contro. Ma che forse, almeno a mio avviso, la bilancia pesa di più dalla parte dei contro. Trovo si sia già andati oltre un utilizzo sano di questi mezzi e che si stia galoppando lungo una pericolosa strada che potrebbe portare velocemente ad una sempre più terrificante inutilità della testa, dell’anima e della mano dell’ uomo. Voglio dire che diventano sempre meno indispensabili la competenza, lo studio, il talento, la creatività dell’uomo. La tecnologia le sta soppiantando. Non devi più essere intonato per potere cantare (tanto c’è l’autotune). Non devi più sapere leggere e scrivere la musica, per potere comporre qualcosa. Non devi neanche più sapere suonare uno strumento… Ma trovo che questo meccanismo, mano mano, ha già portato e continuerà a portare ad un impoverimento e inutilità delle capacità umane. E credo che questo sia molto triste. Non la definirei neanche più “arte”, a questo punto, ma piuttosto “prodotto”. Un prodotto che deve soddisfare delle leggi di mercato e che, soprattutto, deve stare ai tempi di produzione frenetici che il mercato impone. E qui, potrei collegarmi all’uso dei social che sono come delle vetrine vere e proprie. Se non tieni la vetrina attiva, fresca, sempre nuova e accattivante, non attiri clienti. Il problema è che rimane un mondo virtuale, che assorbe talmente tanta energia a quello reale da rendere sempre più difficile concentrarsi sul vero lavoro, quello creativo, appunto. Resta il fatto che ormai sono indispensabili per promuoversi. Per questo ho un rapporto davvero conflittuale con questi mezzi. Sono necessari per farsi conoscere, ma sono anche la causa prima della difficoltà di potere essere davvero dei musicisti, degli artisti.
16) Cosa ne pensate della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio contemporanee?
Sara: Anche questo credo sia motivo di un forte impoverimento, non solo creativo e artistico per chi scrive e compone, ma anche di gusto e raffinatezza e addirittura emotivo per chi poi è fruitore della musica. Uno degli elementi che fin da ragazza mi portavano a viaggiare, nel senso più profondo del termine, con le sensazioni, le emozioni, la fantasia, spesso e volentieri erano proprio le dinamiche dei brani che ascoltavo. La musica classica è maestra in questo: pianissimi, crescendo, fortissimi… Fanno fare all’ascoltatore un altalena di su e giù che rendono molto più forte l’impatto emotivo di un pezzo. Ricordo benissimo che quando c’erano repentini cambi di volume, non di rado mi commuovevo proprio nell’ ascoltare. Immaginate una persona che parlando utilizza sempre e solo un volume forte, anche se vuole dire “Ti amo”, “Scusa, ho sbagliato”, “Buonanotte e sogni d’oro”, e via dicendo… i volumi forti, nella comunicazione, indicano un certo tipo di emotività. Così anche nella musica. Un appiattimento dei volumi corrisponde ad un appiattimento delle sensazioni. E quindi, anche in questo caso, ad un impoverimento. Il problema è che ormai la musica la si ascolta più che altro dai telefonini, mentre si fanno altre cose. Cioè sempre più si mette della musica non per ascoltarla, ma piuttosto forse per riempire un senso di vuoto. E allora più quella musica ci grida nelle orecchie e meno ci fa sentire il rumore dei nostri pensieri o il silenzio del vuoto delle nostre anime. Ma questo non è più vero ascolto. Mi sembra piuttosto assimilabile a gatto Silvestro che si dà una botta sulla mano per non sentire il dolore al piede… È stato argomento di discussione anche riguardo le tracce del nostro album. Alla fine abbiamo raggiunto un compromesso, a metà strada, che ha lasciato tutti noi soddisfatti.
17) Il ruolo dei cantautori e delle band è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la vostra opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungete questi obiettivi nel vostro lavoro?
Nella attuale superficialità e distrazione di massa, la diffusione della bellezza, dell’estro, e di contenuti di senso ha già una portata rivoluzionaria. Le nostre canzoni non hanno espliciti riferimenti a tematiche politico-sociali, e non siamo classificabili come band “impegnata” o “militante”. Abbiamo comunque molto chiaro di quali valori vogliamo essere portatori e quale possa essere la nostra missione: cerchiamo di conciliare leggerezza e profondità, e ci piace assumere un certo ruolo divulgativo rispetto alla musica e all’arte.
18) Che consigli dareste ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Sentendo di appartenere anche noi al vasto universo degli emergenti, possiamo solamente condividere le strategie che noi stessi ci diamo. Lavorare sul “reale” e non solo su “virtuale”, cioè coltivare e costruire occasioni di incontro con una fanbase di persone in carne ed ossa che apprezzano la tua musica, vengono ai tuoi concerti, godono del piacere di ascoltarti. Scegliere con molta attenzione i propri collaboratori senza farsi allettare dai falsi adulatori.
19) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro vi spaventa? Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Sara: Il mio sentire riguardo il futuro dipende molto da come sto vivendo il mio presente. Mi rendo conto che quando sono soddisfatta del mio presente, il futuro mi sembra più roseo. Al contrario, se nel mio presente ci sono delle cose che non mi piacciono, che mi fanno paura, mi danno delle ansie, allora anche il mio futuro lo vedo più nero. Quindi credo che la cosa più giusta per me, sia vivere al meglio il presente. Così da non avere in futuro rimpianti. Mi viene in mente una frase della mia mamma, che mi sono spesso sentita dire: “Non lasciarti vivere dalla vita. Vivila!” In effetti forse la cosa che più mi spaventa se mi immagino tra 10 o 20 anni, è guardare indietro alla mia vita e pensare “se ci avessi pensato/lavorato prima, se lo avessi capito per tempo, se avessi dato più ascolto ai miei bisogni, ecc…”. Ecco, in questo senso, se si vive a pieno la quotidianità, cercando sempre di restare in ascolto, più difficilmente si avranno rimpianti in futuro. Se oggi si fa del proprio meglio, non si fallisce. Si può sbagliare, sì. Ma ci si rialza e si va comunque avanti nel migliore dei modi, per le proprie possibilità. Fare progetti per il futuro quindi, vuol dire fare qualcosa già nel presente, in quella direzione. Questo album è solo uno dei mattoncini che stiamo mettendo lungo la strada che chissà dove ci porterà. Speriamo in ogni caso avanti, sempre avanti!. Mi piacerebbe tra 10 anni sedermi con un caffè in mano a raccontare la mia settimana e ascoltare il racconto di quella di Luca e Pedro, prima di cominciare a provare un nuovo pezzo. Così come facciamo ora. Naturalmente con tanti più fan, date, palchi, singoli e videoclip di quanti ne abbiamo ora!.