

Nata nel 1999 in una giornata di vento, con sangue napoletano, Susanna Reppucci si appassiona, sin da subito, a tutto ciò che è Arte. Il suo strumento è la chitarra che sente come il prolungamento del proprio corpo che “vibra, sussurra, urla, danza” con lei e a cui aggiunge la voce, per emozionare ed emozionarsi. I testi che racconta sono storie di persone vere incontrate, sfiorate; dei loro sguardi, dei gesti trasposti in musica. Susanna, nel 2019, ha conseguito il diploma come autore di testi al CET di Mogol e ad ottobre del 2022 si è laureata al triennio di “Chitarra pop/rock” al Conservatorio Di Musica “G.Martucci” di Salerno. I testi e le musiche dei brani presenti nell’EP “Ginestra” sono firmati da Susanna Reppucci. Ed è stato realizzato nell’ultimo anno con la preziosa collaborazione di Manù Squillante e Nello Gaudiello (DRAHTE studio).

RINGRAZIAMO LA CANTAUTRICE PER AVERCI CONCESSO QUEST”INTERVISTA

1) Potresti raccontarci un po’ la tua storia artistica?
2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?
I miei genitori sono entrambi psicoterapeuti, quindi in casa ho sempre respirato storie, uno sguardo più profondo e attento che va aldilà, cercando di escludere il giudizio, il contatto con le emozioni, la loro espressione libera senza demonizzarne nessuna…tutte cose che porto dentro e che mi aiutano tanto nella mia scrittura e nell’osservazione della realtà. Spesso mi hanno chiesto perché non avessi intrapreso la carriera dei miei genitori vista la mia attitudine all’empatia e all’ascolto, ma io ho scelto un altro modo di esprimere ciò che vedo, ascolto e porto dentro, cercando di scrivere canzoni che sfiorano e invadono e attraversano e tentano di raccontare con autenticità vissuti umani, che io ho provato, che provo e forse proverò e che magari anche tu hai provato, provi o proverai. Ho sempre amato sperimentarmi in cose diverse, nuove. Amo sentire quella sensazione di curiosità, quel non sapere, ma sapere che hai la possibilità di impararlo. Amo studiare e sono sempre alla ricerca di cosa può arricchirmi come persona e come artista. Amo il suono di una chitarra e sono sempre stata attratta dal mondo acustico, dall’intimità che riesce a toccare, da quel corpo che hai sul ventre, tra le braccia, nelle mani, e diventa parte del tuo e vibra, sussurra, urla, danza con te. Amo usare la voce, per emozionarmi, raccontare, tirare fuori. E Amo scrivere, cercare di “distillare un senso sorprendente da significati ordinari…” A teatro sto imparando a contattare cose più profonde in me, a cambiare prospettiva, a condividere emozioni con le mie “altre sfumature di donna”. Sto imparando a suonare la batteria in una piccola orchestra, ad ascoltare chi ho attorno, ma soprattutto il tempo nel mio corpo coordinando mani, piedi, testa, orecchie, occhi, cuore… Ricordo che quando ero piccola chiedevo sempre ai miei genitori di poter imparare a suonare la chitarra, cantavo in un coro con papà, dipingevo quadretti, danzavo per casa, imitavo la mia mamma con i suoi vestiti indosso, scrivevo poesie o preghiere su una lavagnetta attaccata al frigo. Così, tra le tante cose che mi piacevano e piacciono, ho continuato il percorso di studio musicale iniziato verso i 14 anni, anni in cui iniziai a voler scrivere canzoni mie. Per la prima volta mi esibì in una manifestazione vicino casa, con una canzone scritta insieme ad una mia amica, lei il testo, io la musica, si intitolava “ogni sogno infranto e immaginato”. Sembra stupido dirlo ma ho cominciato davvero ad avvicinarmi all’idea e al desiderio di voler fare l’artista guardando la serie tv su Disney Channel “Violetta” più o meno a 12 anni, lì ho iniziato ad imparare lo spagnolo suonando le loro canzoni, e a sognare di fare ciò che facevano loro. Poi crescendo ho ammirato artisti come Ed Sheeran, la sua versatilità, il suo raccontare storie, ma soprattutto mi affascinava il suo stare sul palco e gestirsi tutto da solo, suonando più strumenti e usando una loopstation, cosa che amo di Tash Sultana e di FKJ. Ma mi sono sempre sentita appartenente a quel mondo più intimo, di chi prende la chitarra e canta e ti inonda con una semplicità disarmante, come la voce calda di Tracy Chapman, di Damien Rice. Oppure quella musica celtica viva che fa ballare tutti, e in realtà ho scoperto che quando era incinta di me, mia madre ascoltava proprio questa musica. Poi mi ha cresciuta con Pino Daniele, Edoardo Bennato, ma soprattutto cantando le canzoni antiche napoletane, e quest’anno dopo la laurea triennale in chitarra pop, mi sono iscritta proprio ad un master in musica e poesia napoletana, patrimonio culturale immenso che credo dovremmo conoscere e valorizzare. Ritengo poi poeti, Battiato, Dalla, De André, Gaber, Fabi, Bersani…
3) “Ginestra” è l’EP uscito il 14 gennaio del 2023, puoi parlarci di questo lavoro?
4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione dell’EP?
“Ginestra” è una parte di me, il modo in cui io vedo e sento, persone, emozioni, luoghi, ed è il frutto di un lungo lavoro di ricerca personale e di scrittura. In questo viaggio iniziato a febbraio dell’anno scorso, ho imparato davvero tanto, ho incontrato persone che mi hanno fatta crescere, mi hanno aiutata a fiorire e ho capito che c’è bisogno di tempo per fiorire, c’è bisogno di aiuto a volte, ma bisogna concedersi di sbagliare e con la propria testa, così si cresce, e poi ad un certo punto bisogna lasciar andare con tutte le imperfezioni e accogliere semplicemente ciò che verrà. E tutto inizia da Ginestra, la canzone più piccola del disco, quella per me più intima, delicata, una carezza chitarra e voce, una tra le prime canzoni che ho scritto in assoluto. Non doveva nemmeno essere presente nell’EP, poi ne ha dato il titolo. La ginestra è un fiore che cresce bene in diversi tipi di terreno, anche i più difficili, sopporta i forti venti ed è in grado di migliorare terreni degradati o nudi, rendendoli abitabili da altri vegetali che altrimenti non avrebbero potuto svilupparvisi. Così come le storie che racconto, storie che ho avuto modo di incontrare sulla mia strada, storie di resilienza, storie di persone che hanno vissuto e sopportato i forti venti e che come la ginestra si sono piegate ma non spezzate. E mi piace pensare che insieme a quella ginestra ci siano altre ginestre e che tenendosi la mano si siano rialzate insieme… Abbiamo faticato per dare equilibrio al disco, rispettando sempre la mia e l’anima cantautorale dei testi, ma esplorando più realtà musicali, semplicemente perché mi piacciono e ho deciso di sperimentarmi in quelle varie sfumature. Sono maturata molto e con me quelle canzoni che allora credevo quasi pronte. Non ti nego che abbiamo rivisto quasi ogni cosa a partire dalle tonalità, strutture, durate, ho modificato, asciugato canzoni che mai prima avrei accettato di toccare. Ho ascoltato, accolto il confronto su quelli che senti come tuoi figli, ma ho sentito che chi mi era attorno, li aveva abbracciati anche come suoi figli e volevamo tutti fare il bene di quelle canzoni, di quelle storie. Ho imparato a decidere e a dare indicazioni, beh sto ancora imparando, perché scegliere mi ha sempre un po’ spaventato, così cerco quasi sempre una via di mezzo tra quello che forse sento io e i consigli degli altri…sto cercando di crescere soprattutto in questo. Ma ho anche imparato che incaponirmi su certe cose per “gusto” e non ascoltare il tecnico, che ovviamente aveva una visione più ampia del lavoro finito, ci ha rallentati, perché poi abbiamo dovuto rifare delle registrazioni o cercare di sistemare al meglio ciò che avevamo. Ho vissuto che stare giornate intere in studio senza la leggerezza di Nello, il mio tecnico di studio, (Nello Gaudiello del DRAHTE studio) sarebbe stato molto più faticoso. E senza le discussioni, e gli insegnamenti di Nello, non sarei cresciuta tanto e così anche il disco.
5) Attualmente, è difficile pubblicare: un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
Difficile non direi, se parliamo della semplice azione di caricare in piattaforma il materiale. Il discorso è che qualità vuoi dare a ciò che caricherai. Per quello ci vuole del tempo, professionalità e persone di valore. Se parti già con le idee chiare su ciò che vuoi, accorcerai i tempi, imparato per esperienza personale come ti dicevo prima, invece se vuoi darti più tempo secondo me bisogna aprirsi a sperimentazioni, perché non sai mai cosa può venirne fuori.
6) Come hai affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provi per l’attuale abbattimento delle restrizioni?
Ne parlavo l’altro giorno con una mia amica, sembra essere usciti da un incubo se ripenso a cosa abbiamo vissuto. Da una parte è stato sicuramente bello passare più tempo con la mia famiglia soprattutto perché mio fratello lavora fuori e non ci vediamo molto spesso tutti insieme, infatti nei primi tempi io e lui ci siamo divertiti a scrivere e registrare una parodia di Danza Kuduro (Quarantena Version). Ho sentito più unione e solidarietà nelle persone, l’aria molto più pulita perché da tanto non era così forte l’odore del mare, ma purtroppo anche tanta paura e divisione. Si sono interrotte mie amicizie semplicemente perché avevo una visione a quanto pare diventata incompatibile con la loro. Un periodo duro in cui si sono mostrati tanti aspetti di ognuno di noi, come la capacità di adattarsi, di resistere, di trovare strategie alternative, di usare il tempo, di ragionare, di dire la propria…
E oggi mi auguro che possiamo riunirci più forti senza più paura e convivere con la natura e tutti
i suoi organismi.
7) Quali sono i brani che più ‘ rappresentano?
8) Quanto di personale c’è nei tuoi pezzi?
Sono storie un po’ mie, molto più di persone che ho conosciuto, potrei dirti esattamente i momenti e le persone grazie a cui ho iniziato a scrivere queste storie. Cerco sempre di riportare le cose reali che succedono, le parole che mi vengono dette e quelle che io dico, o dove non è possibile, ciò che io ho visto, ho sentito in quella persona, dentro quegli occhi, in quei movimenti. Ma parlano sempre del mio modo di percepire e cosa credo sia importante dire.
9) Sei una cantautrice che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Ci sono momenti e momenti, momenti di ispirazione, di sedimentazione e di creazione… È bellissimo tornare a casa certe sere e sentire forte il richiamo di scrivere, descrivere, dettagliare con un flusso ciò che ho provato e visto. Non sempre è così e non sempre da quel flusso fuoriesce una intera canzone sul momento, spesso ci ritorno, sistemo, lascio lì, poi tempo dopo completo, magari le parole di qualcun altro mi hanno aiutata. Spesso in una storia ci ritrovo più di una persona che nella stesura mi ha “ispirato”.
10) Cosa significano per te improvvisazione e composizione? E quali sono per te i loro rispettivi meriti?
Spesso un composizione deriva da un’improvvisazione, un momento di libertà che non deve per forza seguire regole, io spesso prendo la chitarra o il piano e inizio a metterci le mani e basta e a volte escono suoni interessanti, accordi “strani” che solo dopo vado ad analizzare, decifrare, comprendere, cercando poi di dargli una forma. È vero però che per poter lasciare spazio alla creatività in un’improvvisazione, bisogna avere consapevolezza di dove sei e dove puoi andare, quindi delle “regole” si imparano per poi servirsene e poterle oltrepassare. Ritengo quindi siano complementari, d’altronde l’improvvisazione è una composizione estemporanea, che forse richiede solo più coraggio.
11) Che attrezzatura/programmi usi per comporre le tue tracce?
Semplicemente la mia chitarra e la mia voce, a volte il piano o la loop-station. Registro tutte le idee sulle note vocali del telefono per poi svilupparle e lavorarci in studio o sul mio computer usando Logic.
12) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensi che la musica si sia aperta al mondo?
È fondamentale ascoltare, scoprire nuovi mondi, nuova musica, io ne sono sempre alla ricerca anche se so che mi fa sentire a casa la chitarra acustica e la voce calda. Siamo fortunati oggi perché connessi al mondo e facilmente possiamo arrivare a tutta la musica che vogliamo. Credo ci sia molta libertà espressiva nel mondo e ne sono felice, non bisogna avere paura di esplorare soprattutto in Italia, perché purtroppo sento spinti avanti sempre quei due generi scelti “dall’alto”, come se si volesse mantenere uno status quo musicale e artistico, però poi rendendo stantia l’arte che ci circonda e ciò che significa la parola arte, tanto che molti nostri artisti, che non rientrano nei canoni, devono andare fuori Italia per essere davvero valorizzati.
13) Come giudichi l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?
Non ho mai amato tanto il mondo social perché credo molto di più nel contatto vero, nello scambio di sguardi, di espressioni, che si tratti di musica, di scuola, di relazioni. Però se considero il social come mezzo di trasmissione più ampia di ciò che io voglio comunicare, un modo che mi aiuta ad arrivare in luoghi lontani, a persone lontane allora ci trovo un senso, sperando che poi quelle persone possano venire a viversi quelle emozioni dal vivo, una cosa insostituibile. Forse è anche tutto più “democratico” oggi, perché chiunque abbia un telefono e una connessione internet può suonare la sua musica e farsi sentire, tra virgolette però perché anche lì si tratta di quanto rientri nell’algoritmo e quanto spendi magari per pubblicizzarti, anche se è comunque tutto più diretto, e credo che se arrivi davvero alle persone saranno loro a condividere e seguirti, e prima o dopo arriverai sempre a più persone.
14) Cosa ne pensi della Loudness War e dell’intensivo utilizzo nella compressione dinamica impiegata nelle tracce audio degli artisti?
Non sai quanta difficoltà abbiamo avuto in studio proprio per registrare correttamente le mie estreme e amate dinamiche, sulla voce e nel mio modo di suonare. Credo che l’arte sia vita, l’espressione di essa e la vita è piena di dinamiche. Poi dipende che genere fai, che artista sei, cosa vuoi comunicare. Penso nella musica classica quanto si lavora per suonare con le giuste dinamiche proprio perché veicolo di certe emozioni, ma non potrei immaginare la musica tecno, che deve portare quasi in trance, senza un portamento costante.
15) Il ruolo della cantautrice/ del cantautore è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la tua opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungi questi obiettivi nel tuo lavoro?
Credo nel coraggio e nella potenza dell’essere autentici, diretti, spogliarsi davanti all’ascoltatore, perché se io mi prendo il diritto e ho il coraggio di parlare di certe cose apertamente, forse qualcun altro si sente autorizzato a farlo e si innesca quella catena virtuosa di poter parlare, parlare di sé, chiedere aiuto. Quando cominciamo a sentirci un po’ meno soli perché “anch’io mi sono sentito così”, forse è quella la scintilla che fa scattare il: “ok posso anch’io, posso farcela, posso liberarmi, andare avanti…”; e credo che il compito dell’artista sia proprio questo e io ci sto provando.
16) Come pensi che le composizioni contemporanee possano avvicinare l’attenzione di un pubblico più ampio?
Ci sono delle motivazioni per cui una canzone funziona e piace, delle ragioni scientifiche che spiegano perché e quando l’orecchio si sente soddisfatto, attratto, “schemi” adoperati in composizioni antiche e tuttora validi. Sicuramente conoscere alla base come comporre per attirare l’orecchio è utile, ma poi libertà e come dico sempre autenticità, perché solo così puoi restare nei cuori di chi ti ascolta, perché la musica si fa con la vita come dice Mogol. Poi un buon piano di lavoro pubblicitario e un po’ di cazzimma sono necessari.
17) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Bisogna ricercare la propria voce, il proprio modo, la propria originalità, il proprio essere perché nessuno è come te. Studiare, ascoltare e farsi sentire in tanti circuiti, trovare quelli più affini a te, chiedere aiuto a chi ti è intorno, fare esperienze diverse ed essere autentici e audaci, mantenendo gli occhi aperti sull’umanità nella quale siamo immersi.
18) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sì che mi spaventa, ma cerco spesso di farmi domande su ciò che desidero, su dove sono e dove voglio andare e posso dirti che i miei progetti oggi sono: Farmi sentire, raccontare le mie storie, condividere e sentire cosa succede attorno. Continuare a studiare, a crescere, a vivere, a notare bellezza, a costruire, continuare tutte le canzoni in sospeso, magari condivi ere anche in altri modi quello che scrivo, che vivo. Iniziare a sperimentarmi pienamente in questo mondo artistico.